Nel corso degli ultimi dodici anni ho visto trasformarsi radicalmente il modo in cui si fa comunicazione. Sono cambiati i canali, gli strumenti, le logiche editoriali. È cambiato il pubblico, la sua attenzione e i suoi interessi e di conseguenza sono cambiati anche i giornalisti. Eppure, tra tutte le trasformazioni che abbiamo attraversato nel mondo delle Digital PR, l’email è rimasta un punto fermo. Non tanto per abitudine, quanto per efficacia.
Ad oggi, l’email resta il canale principale per chi lavora con i media. Secondo lo State of the Media Report di Cision, l’87% dei giornalisti preferisce ricevere proposte via posta elettronica. Una percentuale che racconta molto: la posta offre ordine, tracciabilità e, se ben usata, consente una comunicazione rispettosa dei tempi e delle esigenze delle redazioni.
L’obiettivo di questo articolo è proprio questo: offrire una guida chiara e concreta su come scrivere email efficaci per giornalisti e redazioni online. Una guida rivolta a chi si occupa di PR in agenzia, nelle aziende o come freelance, con un approccio pratico e sempre consapevole del contesto.
Perché l’email resta centrale nelle Digital PR
Nel dibattito tra canali “tradizionali” e strumenti digitali emergenti, l’email continua a distinguersi per una serie di vantaggi concreti che la rendono, ancora oggi, lo strumento preferito per entrare in contatto con giornalisti e redazioni.
Innanzitutto, è un mezzo asincrono: permette a chi riceve di leggere, valutare e rispondere secondo i propri tempi, senza l’invasività di una telefonata o l’informalità di un messaggio diretto sui social.
È anche facilmente documentabile, il che rende più semplice tenere traccia delle conversazioni nel tempo e lavorare in modo più ordinato, soprattutto all’interno di team PR strutturati.
E infine, consente un alto grado di personalizzazione: scrivere un messaggio calibrato sul singolo giornalista, sulla testata o sull’area tematica di riferimento è decisivo per farsi leggere.
In questo scenario, strumenti di email marketing professionale come GetResponse possono offrire un supporto prezioso. Possono aiutare a organizzare l’invio di aggiornamenti periodici per i media, creare segmentazioni specifiche in base al tipo di giornalista, o ancora gestire in modo più efficiente i follow-up. Se ben usato, l’email marketing diventa un’estensione naturale della relazione, non un modo per “sparare nel mucchio”.
Come scrivere un pitch via email che venga letto (e apprezzato)
Scrivere un’email efficace per proporre un contenuto a un giornalista è, prima di tutto, un atto di attenzione. Attenzione al tempo, all’interesse e al contesto di chi legge.
L’oggetto della mail è il primo filtro: deve essere chiaro, informativo e sintetico. Evitare espressioni generiche o sensazionalistiche è fondamentale: “Comunicato stampa importante” è troppo vago, “Imperdibile opportunità” è già un campanello d’allarme. Funzionano meglio oggetti che raccontano già cosa la notizia, cosa c’è di effettivamente rilevante, ad esempio: “Nuovo studio: l’impatto dell’AI nel giornalismo europeo”.
L’apertura del messaggio dovrebbe andare dritta al punto, mostrando che si è fatta una ricerca minima. Un riferimento a un articolo recente del destinatario o a una rubrica specifica, può fare la differenza. La sensazione che si cerca di trasmettere è semplice: “Ti sto scrivendo perché ho qualcosa che potrebbe davvero interessarti, perché ne hai già scritto in passato ed è un tema di cui scrivi spesso”.
Nel corpo del messaggio, meglio evitare lunghi blocchi di testo. Bastano pochi paragrafi per spiegare perché la notizia è rilevante ora, per chi, e cosa si mette a disposizione: dati, studio, portavoce, immagini. Gli asset dovrebbero essere facilmente accessibili tramite link (meglio evitare allegati pesanti), e sempre accompagnati da una call to action chiara ma discreta: chiedere se c’è interesse ad approfondire, senza mai forzare la mano.
Gli errori più frequenti? L’invio massivo senza personalizzazione, i pitch fuori tema, i messaggi con errori nel nome del destinatario, o peggio ancora, l’assenza totale di contesto. Il report Cision lo conferma: il 77% dei giornalisti blocca i mittenti che inviano contenuti irrilevanti. Solo il 7% ritiene pertinenti più della metà delle email che riceve. Non si tratta quindi solo di buone maniere, ma di strategia.
Il tempismo conta. Anche nelle PR.
Il “quando” si invia una proposta può influenzare tanto quanto il contenuto della proposta stessa. In generale, i momenti migliori per contattare una redazione sono le ore iniziali e centrali della mattina nei giorni feriali, evitando la sera o giorni come il venerdì pomeriggio (quando si pensa più alla chiusura che alle nuove storie).
Altra cosa è il tempismo all’interno del mese: se si punta ad essere pubblicati su un cartaceo settimanale o mensile bisogna conoscere le tempistiche editoriali e adattarsi a quelle, dando il tempo al giornalista di fare il suo lavoro con dei tempi non stretti.
Altro punto cruciale è la gestione del follow-up. Qui serve equilibrio. Il 64% dei giornalisti è favorevole a un solo sollecito dopo il primo invio. La chiave è la misura: un messaggio breve, rispettoso, che dia la possibilità di ignorare senza creare disagio. L’automazione può essere un alleato se usata con giudizio.
Il database media è l’infrastruttura silenziosa su cui poggia tutto questo lavoro. Non deve essere né troppo esteso né troppo statico. È importante aggiornarlo periodicamente, annotare risposte, preferenze e toni. Anche qui, strumenti come GetResponse possono semplificare il tracciamento e l’automazione, permettendo di inviare messaggi mirati solo a chi ha aperto o cliccato, evitando comunicazioni ridondanti a chi non ha mostrato interesse.
Quali strumenti di email marketing usare (e come usarli bene)
In un’attività come le Digital PR, dove la precisione vale quanto la creatività, disporre di strumenti ben calibrati fa la differenza tra improvvisazione e processo.
L’email marketing, in questo senso, è molto più di un canale: è un’infrastruttura. Permette di mantenere ordine tra le liste, monitorare i tassi di apertura e risposta, pianificare flussi informativi e gestire il follow-up in modo mirato e non invasivo.
Piattaforme come GetResponse, pensate per le campagne di marketing, mettono a disposizioni molteplici strumenti e funzionalità che possono essere adattati perfettamente all’attività PR:
Segmentazione avanzata, per costruire liste dedicate ai giornalisti suddivisi per settore, testata, Paese, lingua, verticali coperti o comportamento pregresso (ad esempio chi ha già aperto i precedenti pitch).
Automazioni intelligenti, per creare sequenze di follow-up condizionate da azioni specifiche: apertura, clic, mancata risposta, ecc. Questo consente di evitare il classico secondo messaggio “a prescindere” e invece attivare reminder sensati.
Template modulari, con campi dinamici (nome, testata, argomento d’interesse) che facilitano l’invio di comunicazioni personalizzate anche su scala.
Dashboard e tracciamento integrati, per comprendere, nel tempo, quali contenuti ottengono attenzione e quali no, fornendo basi oggettive per migliorare la qualità dei futuri pitch.

Un buon software consente di concentrarsi meno sull’invio e più sul contenuto, meno sul coordinamento manuale e più sulla costruzione della relazione. Ma va sempre ricordato: l’automazione è utile solo se serve a personalizzare meglio, non per fare volume.
L’AI può aiutare, ma non può sostituire
Il 2025 è, per molti versi, l’anno in cui l’AI ha smesso di essere un tema emergente per diventare una realtà operativa. Secondo il report di Cision, il 47% dei giornalisti dichiara di aver già utilizzato strumenti generativi per supportare il proprio lavoro: brainstorming, sintesi, ricerca, sviluppo di domande per interviste.
Tuttavia, solo una piccola parte ne fa un uso quotidiano e strutturato: il 53% afferma di non utilizzare affatto l’AI nella produzione dei propri contenuti.
Per i professionisti delle PR, questo dato impone cautela e discernimento. L’AI generativa può essere utile e in alcuni casi molto efficace per analizzare trend, sintetizzare documenti, semplificare briefing interni o generare bozze di oggetti per email. Può anche servire per testare diverse varianti di struttura o per elaborare format adatti a più canali.
Ma ci sono limiti chiari da riconoscere: un pitch generato da AI, non supervisionato da un professionista, risulta spesso generico, povero di contesto e, soprattutto, incapace di parlare davvero all’interesse del singolo giornalista.
La relazione tra PR e media si costruisce su attenzione, comprensione e precisione. Nessuna intelligenza artificiale può, oggi, replicare questa qualità umana. Al contrario, l’autenticità, il pitch che dimostra che “hai letto, hai capito e hai scelto bene”, è esattamente ciò che rende un’email rilevante per chi lavora in redazione.
L’AI può quindi velocizzare senza dubbio la preparazione, ma non deve mai sostituire l’intenzionalità comunicativa. Usarla con misura significa ottimizzare il proprio tempo, mai delegare la propria reputazione.
Conclusione: l’email per meritare “attenzione”
Usare l’email per fare Digital PR non è solo una scelta pratica, è una scelta di rispetto: verso il tempo di chi riceve, verso l’ordine del processo, verso la qualità delle relazioni che si vogliono costruire.
Se ben gestita, una strategia di pitching via email consente di lavorare in modo focalizzato e misurabile, ma anche umano: ogni contatto è una conversazione potenziale, non un’azione transazionale.
Abbiamo visto che la posta elettronica resta il canale preferito dai giornalisti, ma ciò non garantisce automaticamente attenzione. Per ottenerla, serve lavorare su quattro livelli:
- Contenuto: cosa stai proponendo e a chi interessa davvero.
- Contesto: perché ora, perché a quella persona, perché in quel modo.
- Forma: chiarezza, tono, asset visivi, accessibilità delle fonti.
- Frequenza: quando e quanto inviare, con quale livello di insistenza.
In un panorama mediatico sempre più frammentato e competitivo, dove i giornalisti devono coniugare velocità, rilevanza e risultati, chi fa PR ha una responsabilità chiara: farsi leggere non perché insiste ma perché merita attenzione.
Ed è qui che l’email, strumento semplice e lineare, si rivela ancora insostituibile.